sabato 26 settembre 2015

Coloro dei quali bisogna aver paura

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Marco (9,38-43. 45. 47-48) - XXVI Domenica del tempo ordinario
In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi. Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.
Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare.
Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».

COMMENTO
Nei confronti dei cristiani in ascolto mi prendo la libertà, questa settimana, di una piccola provocazione. La sopravvivenza della Chiesa e più in generale della fede cristiana nel mondo non è minacciata, mi si creda, dai militanti dell’Isis o dai terroristi di Boko Haram, e neppure da presunti islamisti infiltrati, dice qualcuno, tra i profughi che approdano alle nostre coste; al massimo ci potranno accorciare la vita terrena ma certo non potranno mai strappare la nostra anima che appartiene a Cristo e il nostro posto in Paradiso che il Signore Gesù è andato a preparare.

venerdì 11 settembre 2015

Investimenti sicuri cercasi

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Marco (8,27-35 ) - XXXIV domenica del tempo ordinario
In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».


COMMENTO
Costatazione amara: a fare le cose gratuitamente, disinteressatamente, senza la speranza di alcun ritorno, sono in pochi, molto pochi. Forse nessuno, e non sembri troppo pessimista questa supposizione. Infatti, se il termine di confronto su cui misurare il disinteresse, la libertà, la non ricerca di secondi fini non dichiarati è l’atto d’amore di Dio rivelato in modo definitivo nella croce di Gesù, allora mi chiedo e vi chiedo chi potrà mai dire di aver fatto qualcosa per pura generosità. Lo spirito del mondo, lo spirito e la logica che anima l’uomo lasciato a se stesso, quell’uomo che non apre il cuore al dono dell’amore di Dio è gioco-forza lo spirito dell’auto possesso, dell’auto affermazione.

venerdì 4 settembre 2015

C'è chi fa le pentole e anche i coperchi

di fra Damiano Angelucci


Dal Vangelo secondo Marco (7, 31-37 ) - XXIII Domenica del Tempo Ordinario
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».


COMMENTO
Il legame tra le due disabilità fisiche si ripresenta quasi sempre anche sul piano della vita spirituale, forse con ancor meno eccezioni. Se i non udenti sono per lo più incapaci di articolare normalmente i suoni e diventano muti, così nella vita di Grazia chi è sordo, cioè chi non è ben disposto all’ascolto e rimane chiuso nelle sue pre-comprensioni e pregiudizi,  rimane parimenti incapace di pronunciare parole di saggezza e di verità.