sabato 30 dicembre 2017

Sulla scia di Betlemme

di fra Damiano Angelucci


Dal Vangelo secondo Luca (2,22.39-40)
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

COMMENTO
Domenica dopo Natale, Domenica della Santa Famiglia di Nazareth. Ambiente quotidiano della crescita e maturazione di Gesù Signore è una comunione umana di un uomo, Giuseppe, e la sua sposa, Maria. “Il bambino cresceva e si fortificava”. In queste poche parole sembra esserci tutto il mistero della vera umanità di quel Dio che accetta di farsi piccolo, di farsi bambino e di percorrere l’itinerario dello sviluppo umano, psicologico e spirituale di ogni persona. Resta difficile comprendere pienamente come la natura divina di Cristo si sia adattata al processo evolutivo di un uomo, e tuttavia in quelle poche parole ci sono trenta anni di vita familiare ordinaria, scandita dai tempi del lavoro e del riposo, delle gioie e delle fatiche, del dialogo e della preghiera. Quella famiglia di Nazareth, nelle sue modalità pratiche, forse è meno lontana da come noi ce la immaginiamo, ma così tanto diversa rispetto alle ristrettezze dei nostri cuori che spesso, nei legami più intimi, non sanno dare calore e tenerezza.

sabato 23 dicembre 2017

Quanto supera la natura viene dall'Autore della natura

di fra Damiano Angelucci


Dal Vangelo secondo Luca (1,26-38) - IV Domenica di Avvento
In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

COMMENTO
La frase è di Sant’Ambrogio, Vescovo di Milano dei primi secoli della cristianità: “Quanto supera la natura, viene dall’Autore della natura”. L’evento dell’incarnazione esige la semplicità del cuore, di un cuore come quello della Vergine Maria che ha creduto possibile ciò che per lei era inarrivabile, impensabile, al di sopra della sua e di ogni capacità umana di generare. Sono le parole dell’angelo “nulla è impossibile a Dio” ad aprire nel suo cuore la strada dell’accoglienza del Mistero, di un evento divino che cerca strada nella storia umana: nella storia umana di Maria, in quella di chi vi sta parlando e anche nella storia di voi che state leggendo, forse distrattamente. Si, il Signore sceglie di passare e dimorare nelle nostre frequenze umane, così frenetiche, così disturbate da mille interferenze, così provvisorie perché sempre inclini allo “zapping” delle relazioni, degli affetti, delle mode.

sabato 16 dicembre 2017

Battista battistrada

di fra Damiano Angelucci


Dal Vangelo secondo Giovanni (1,6-8.19-28) - III Domenica di Avvento
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

COMMENTO
Nelle biografie di San Francesco si narra che un giorno questo pregasse dicendo così: “Mio Dio, chi sei tu, e chi sono io?” Anzitutto la comprensione del volto di Dio e poi la comprensione del proprio sé, della propria identità. Giovanni Battista, che viene presentato nel prologo scritto dall’evangelista suo omonimo come il testimone della luce, coglie i contorni essenziali dell’identità di colui che sarebbe venuto dopo di lui ma che era prima di lui, e al quale non era neppure degno di slegare il legaccio del sandalo. Infatti Gesù si affermerà come solo Signore della storia dell’umanità sua sposa: una storia macchiata dal male, sprofondata nelle tenebre del peccato, e smarrita per strade contorte e divergenti rispetto al destino di gloria promessa.

sabato 9 dicembre 2017

La segnaletica della salvezza

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Marco (1,1-8) - II Domenica di Avvento
“Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. Come sta scritto nel profeta Isaìa: «Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri», vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

COMMENTO
San Marco è il più sintetico di tutti e quattro gli evangelisti e siccome non spreca parole, cerca di dire tutto già nella prima riga del suo racconto: “Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.” In questo modo ci ha già detto che Gesù è “Vangelo” ovvero “buona notizia”. Forse ci siamo troppo abituati a questa parola che non la colleghiamo più alla sua storicità: Gesù di Nazareth è una “bella notizia”, perché in Lui e grazie a Lui è stata annunciata a tutti i popoli di tutta la terra il perdono dei peccati e la vita eterna. Vi sembra poca cosa!?

sabato 2 dicembre 2017

Chi gioca in porta, chi gioca in attacco

di fra Damiano Angelucci


Dal Vangelo secondo Marco (13,33-37) - I Domenica di Avvento
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!»

COMMENTO
Una di quelle parole fatta su misura per i cristiani di oggi, non peggio di quelli di ieri, e neppure peggio di quelli dell’altro ieri, ma sicuramente alquanto assopiti. Dentro la categoria dei discepoli addormentati ci siamo dentro tutti: noi parroci, ma anche voi laici, nei non meno importanti ruoli educativi in famiglia o in associazioni cattoliche, o presunte tali. La vigilanza è la virtù del discernimento, che distingue nelle cose pratiche ciò che è bene da ciò che bene non è. Quanto spesso si sente dire: “Ma cosa c’è di male in questa cosa?” Invece dovremmo porre un’altra domanda: “Ma cosa c’è di bene in questa scelta, in questo progetto, in questa idea?”

mercoledì 29 novembre 2017

"Vorrei ma non posto" - Giornata di ritiro PGV adolescenti

di fra Sergio Lorenzini


Domenica 26 novembre, da più parti delle Marche, tanti giovani si sono ritrovati nel convento dei frati cappuccini di Civitanova Alta per tornare a stare un po' insieme dopo la bella esperienza estiva del campo scuola e, al tempo stesso, vivere una giornata di riflessione, di preghiera, di gioco e della gioia semplice e preziosa che viene dalle piccole cose e dalle relazioni vere. 

Abbiamo imparato che la vita è più importante viverla che "condividerla", come il brano di J-Ax e Fedez Vorrei ma non posto ci ha suggerito; che questo "tempo non dà il giusto peso a quello che viviamo" e che il peso e la profondità di quanto la vita ogni giorno ci offre dobbiamo scoprirlo noi. Come, però, ne avremo la capacità "se navighiamo senza trovare un porto" impegnati in "tutto questo sbattimento per fare foto al tramonto, che poi sullo schermo piatto non vedi quanto è profondo"? 

Da questo sole caldo e rosso, che al tramonto va a riposare dietro le colline e che, al mattino seguente, si ripresenta fresco al versante opposto, dovremmo invece apprendere, perché, come diceva san Francesco nel Cantico di frate sole, "de te Altissimo porta significatione". Sì, apprendere l'origine e la mèta della nostra vita, quel luminoso parto d'amore che ci ha portati alla vita; apprendere che quella luce continua ad accompagnare i passi del cammino con i suoi raggi caldi e la sua luce che a tutto dà colore; apprendere che da quell'amore siamo attesi per un eterno bagno di luce. No, non siamo figli del caos, orfani di senso, nomadi senza meta. Se così fosse, quale profondità avrebbe la realtà? Non rimarrebbe allora - davvero - altro da fare che preoccuparsi di condividere quell'apparenza di vita che non riusciremmo a cogliere.
Buon cammino verso la vita piena.

A questo link trovate le foto della giornata.


venerdì 24 novembre 2017

Là dove inizia il regno di Cristo

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 25,31-46) - Cristo Re dell'universo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.
Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”.
Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”.
E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

COMMENTO
Un’antica leggenda della Chiesa cristiana narra che alcuni barbari, giunti alla sede del Vescovo di Roma, imposero al diacono Lorenzo di mostrargli il tesoro della Chiesa. Il diacono Lorenzo accompagnò quelli in un luogo dove erano in attesa di essere accuditi una notevole quantità di poveri e disse: “i poveri: questo è il tesoro della Chiesa!”.

sabato 11 novembre 2017

Olio per lampade cercasi

di fra Damiano Angelucci


Dal Vangelo secondo Matteo (25,1-13) - XXXI domenica del tempo ordinario
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».

COMMENTO
Ormai verso la fine dell’anno liturgico e con l’approssimarsi della Solennità di Cristo Re dell’Universo, di quel Cristo che tutto ricapitola nel giudizio finale, i Vangeli di queste Domeniche ci invitano a riflettere sulla realtà dell’incontro finale col nostro Salvatore, il Signore Gesù.

sabato 4 novembre 2017

La maschera del potere

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 23, 1-12) - XXXI domenica del tempo ordinario
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».

COMMENTO
La categoria professionale degli scribi, gli scribi erano gli esperti della legge mosaica, è da tempo estinta ma ne permangono le malattie professionali. Lo stesso si potrebbe dire per i farisei. Il servizio o il ruolo conferito da un incarico di tipo religioso o ecclesiastico, sebbene viviamo in un mondo secolarizzato, può diventare occasione di inciampo, per sé e quindi per gli altri.

domenica 22 ottobre 2017

L'avete fatto a me

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Matteo (22,15-21) - XXIX domenica del tempo ordinario
In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi. Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

COMMENTO
Gesù conosce la malizia dei suoi interlocutori e per questo non spreca parole. Il suo parlare è ermetico e conciso in proporzione alla chiusura del cuore di chi lo ascolta. La questione posta a Gesù infatti non nasce da un desiderio di verità ma da un desiderio perverso, di trovare un appiglio per accusarlo. Le parole quindi sono misurate, essenziali, sobrie. Per capire se sia bene o no pagare il tributo all’impero romano, è sufficiente ricordare che occorre rendere ad ogni autorità ciò che gli spetta, seguendo il massimo e più onnicomprensivo criterio di giustizia: “a ciascuno il suo”.

sabato 14 ottobre 2017

Dress code: abito nuziale

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Matteo (22,1-4) - XXVIII domenica del tempo ordinario
In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

COMMENTO
Si chiama “dress code”, che tradotto significa “codice d’abbigliamento”, il tipo d’abbigliamento richiesto per una festa, per un happening o per partecipare ad un evento: “Casual”, “formal”, e così via.

domenica 8 ottobre 2017

Affittuari quasi padroni

di fra Damiano Angelucci




Dal Vangelo secondo Matteo (21,33-43) - XXVII domenica del tempo ordinario
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».

COMMENTO
C’è un piccolo ma decisivo inciampo in tutto il ragionamento dei contadini di questa parabola: hanno come dimenticato il fatto di aver ricevuto la vigna in affitto e che quindi non potranno mai diventarne proprietari. Il tentativo irragionevole di uccidere il figlio è conseguenza estrema della loro cecità, perché quale padre avrebbe permesso un simile furto, pur essendo rimasto senza figli?

sabato 30 settembre 2017

Un “Si” che viene dal cuore

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 21,28-32) - XXVI domenica del tempo ordinario
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».

COMMENTO
Il libro dei Proverbi ammonisce “Chi ricerca la giustizia e l’amore troverà vita e gloria”. (Pr 21,21) Gesù era capace di leggere nel cuore delle persone e forse nella coscienza di prostitute e ladri legalizzati (che erano i pubblicani) aveva notato un profondo desiderio di Bontà, un sincero desiderio di Dio, confermato dal fatto che alcuni di questi avevano creduto alla predicazione di Giovanni Battista. Nelle parole di Giovanni questi pubblici peccatori avevano trovato certamente una risposta alla loro insoddisfazione, alla loro insofferenza per una vita che, lontana dal Bene, non può dare gioia al cuore. In quello stesso desiderio profondo della coscienza umana per le cose vere, buone e belle, c’è già l’appello, la chiamata di Dio, di Cristo Salvatore.

sabato 9 settembre 2017

Potenza della comunione

di fra Damiano Angelucci


Dal Vangelo secondo Matteo (18,15-20) - XXIII domenica del tempo ordinario
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

COMMENTO
Nel capitolo 16 del Vangelo di Matteo Pietro è stato definito da Gesù la pietra su cui egli avrebbe costruito la sua Chiesa, colui che ha il potere di legare e sciogliere, una sorta di plenipotenziario dello stesso Gesù. 

sabato 29 luglio 2017

Chi cerca trova ( anche quando non cerca )

di fra Damiano Angelucci


Dal Vangelo secondo Matteo (13,44-52 ) - XVII Domenica del tempo ordinario
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.
Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».

COMMENTO
Non vorrei sminuire le parabole di Gesù ad un semplice proverbio di ordinaria tradizione popolare, quasi che la sapienza del Signore non aggiungesse nulla a quella dell’uomo. Mi sembra invece che le sfumature delle parabole di Gesù, nella loro leggera diversità, comunicano una straordinaria profondità. Il commerciante di perle va alla ricerca di qualcosa di prezioso; egli gioca al rilancio; si tratta di un uomo che commerciando e vivendo di esso è capace di intuire che una perla potrebbe fruttare molto di più del suo valore attuale. E così via, di acquisto in acquisto fino ad arrivare al termine della sua corsa, alla perla più preziosa, quella che soddisfa il suo appetito di bellezza. Potrà essere sicuro che non vi siano perle ancora più preziose? In principio no. Ma quella bellezza appaga il suo desiderio e tanto gli basta. 

martedì 11 luglio 2017

Campo scuola 2017



Si è appena concluso il campo scuola dei Frati Cappuccini delle Marche, che quest'anno si è svolto a Cingoli, in collaborazione con le parrocchie cappuccine di Fermo, Macerata, Ascoli, Montottone e Monsampietro Morico. 68 ragazzi e ragazze si sono ritrovati insieme per condividere una settimana di preghiera, di amicizia, di gioco, di riflessione, di servizio e di tanta tanta allegria. Al link sottostante trovate le foto più belle di questa splendida prima esperienza che, a Dio piacendo, avremo modo di ripetere nei prossimi anni.

domenica 25 giugno 2017

Chi perde una battaglia ma vince la guerra

di fra Damiano Angelucci




Dal Vangelo secondo Matteo (10,26-33) - XII Domenica del tempo ordinario
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri! Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».

COMMENTO
Un imperativo ripetuto tre volte: non abbiate paura! Né degli uomini, né di quelli che tra questi potrebbero addirittura uccidere in odio alla fede professata e annunciata. Perché tutta la storia del mondo e, a maggior ragione, della sua Chiesa, è fortemente nelle mani di Dio, contrariamente alle apparenze.

sabato 27 maggio 2017

Tra dubbi ed esitazioni

di fra Damiano Angelucci


Dal Vangelo secondo Matteo (28,16-20) - Solennità dell'Ascensione
In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

COMMENTO
San Giovanni Paolo II disse che “la fede si rafforza donandola” (Redemptoris Missio, 2), considerando così un dato di fatto l’imperfezione della fede di colui che va ad annunciare la Buona Novella di Cristo. Ed imperfetta doveva essere anche la fede degli undici discepoli ri-convocati da Gesù sul monte in Galilea dopo la sua risurrezione, se è vero che alla sua vista si prostrarono, ma allo stesso tempo dubitarono.

domenica 21 maggio 2017

Nello sguardo dello Spirito

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Giovanni (14,15-21) - VI domenica di Pasqua
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

COMMENTO
“Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”. Molti di noi avranno sentito questa bellissima frase tratta dalla celebre favola per adulti “Il Piccolo Principe”. Vedere col cuore significa vedere a partire da un atteggiamento di simpatia, di affetto profondo nei confronti di ciò che si guarda. Quante volte e quante cose noi vediamo eppure non le conosciamo, cioè non siamo capaci di coglierne il significato, la bellezza più intima e vera che racchiudono! 

sabato 13 maggio 2017

Avanti, c'è posto!

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Giovanni (14,1-12) - IV domenica di Pasqua
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre».


COMMENTO
In questo passo Gesù si presenta in tutta la verità della sua persona e della sua missione. Abituati a sentirlo parlare in parabole e per immagini, veramente questo discorso sembra duro e difficile a capirsi. “Io sono nel Padre e il Padre è in me”. Come può una persona stare e vivere dentro un’altra?

sabato 6 maggio 2017

La porta della vita

di fra Damiano Angelucci


Dal Vangelo secondo Giovanni (10,1-10 ) - IV Domenica di Pasqua
 In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».

COMMENTO
Gesù è il riferimento e il modello unico e insostituibile per chi vuole parlare al cuore del popolo di Dio. Gesù è venuto perché Israele e tutta l’umanità abbia la vita e l’abbia in abbondanza e proprio per questo ha accettato di “perdere” la propria vita, donandola sulla croce: per sanare col suo atto di amore misericordioso un’umanità che si era allontanata dalla giustizia di Dio.

sabato 29 aprile 2017

Gesù cammina con noi

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Luca (24, 13-35) - III domenica di quaresima
Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.
Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».
Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro.
Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».
Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

COMMENTO
Le apparizioni di Gesù risorto insieme alla tomba vuota sono i segni consegnati alla Chiesa per credere a tutte le parole dette da Gesù durante la sua vita, e in sintesi alla sua “pretesa” di essere il Messia, colui che doveva salvare Israele e l’umanità intera. Gesù non gioca a nascondino con questi due discepoli delusi. Certo, inizialmente non si fa riconoscere, ma questo fatto ha proprio il sapore di un metodo pedagogico che Gesù vuole avviare, non solo con questi due, ma con tutti noi che pure, spesso, camminiamo delusi allontanandoci dalla fede. Gesù avvia un dialogo, pone domande, lascia che il dispiacere e la delusione trovino parole e solo dopo inizia a spiegare come le Scritture avevano predetto gli eventi della Passione appena accaduti. Prima della catechesi c’è una comunione umana, prima di annunciare Gesù cerca di mettersi in ascolto del dolore degli uomini; e saranno infatti proprio i due di Emmaus a chiedere a Gesù di restare a cena con loro. Il loro cuore ha intuito un calore particolare, una presenza amica che ha il sapore del vero, del bello, di ciò che vale la pena ascoltare ancora.

sabato 22 aprile 2017

I segni della signoria di Cristo

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Giovanni (20,19-31) - II Domenica di Pasqua
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

COMMENTO
L’evangelista Giovanni ci dice che predicando a Gerusalemme durante la sua missione pubblica, Gesù parlava del dono dello Spirito che i credenti avrebbero ricevuto in futuro “… infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato” ( Gv 7,39 ).

sabato 8 aprile 2017

Nel dolore di ogni uomo

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Matteo (27,45-54) - Domenica delle Palme
A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito.
Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!».

COMMENTO
“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Secondo l’evangelista Matteo sono le ultime parole di Gesù prima di morie. Se Gesù stesso nel momento della morte si è sentito abbandonato dal Padre, come non potremo, e come non potremmo, esserlo anche noi nei tanti momenti di difficoltà, di dolore o di qualsiasi altra prova? Gesù, nel momento di estremo dolore, in realtà prega il Padre con le parole del Salmo 22 intitolato: “Sofferenze e speranze del giusto”. La morte ha impedito a Gesù di continuare questa preghiera, questa invocazione che continua poi al versetto 6 con queste parole: “…i nostri padri a te gridarono e furono salvati, in te confidarono e non rimasero delusi”. Se la morte ha soffocato queste ultima parole, dall’altra essa ha letteralmente aperto e inaugurato l’attuazione della speranza del salmista. “i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono”. Proprio quei santi che uscirono dai sepolcri nel momento della morte del Cristo … furono i primi a non restare delusi della speranza che avevano posto nella salvezza di Dio. I santi sono la parola di Cristo che continua nella storia. Da quel momento, da quel giorno preciso in cui è avvenuta la morte di Cristo la speranza ha continuato a portare il suo stesso volto: il volto di un’umanità sofferente ma che nel grido di dolore di Cristo trova la voce, la direzione del compimento e dell’esaudimento della sua richiesta di giustizia e di salvezza. Anche la disperazione non è più assoluta, dal momento che è accompagnata e assunta da quel grido di Cristo Signore, morto e risorto per noi.

venerdì 31 marzo 2017

Fra Mauro e fra Francesco sacerdoti


In data 18 marzo 2017, presso la Chiesa Collegiata di Santa Maria Assunta a Montecassiano, fra Mauro Scoccia e fra Francesco Mengoni sono stati ordinati sacerdoti da Mons. Nazareno Marconi, vescovo di Macerata. Grande la partecipazione del popolo e ancor più grande la gioia e il ringraziamento al Signore per il dono inestimabile di due nuovi sacerdoti alla sua Chiesa. Da noi tutti un grazie sincero a fra Mauro e fra Francesco per la loro generosa risposta alla chiamata dal Signore e l'assicurazione della nostra preghiera perché il loro ministero sia fecondo e sappia comunicare al mondo la luce del Signore.
Al seguente link trovate le foto più belle dell'evento.

sabato 25 marzo 2017

La grazia di vedere e di sapere di non vedere

di fra Damiano Angelucci




Dal Vangelo secondo Giovanni (9, 1.6-9.13-17.34-38) – IV Domenica di Quaresima
In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita; sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.

COMMENTO
Primo momento della veglia pasquale, madre di tutte le veglie, è giustamente la liturgia della luce; nella notte del prossimo 15 aprile per tre volte l'acclamazione "Cristo luce del mondo!" ci esorterà ad abbandonare il buio dell’ignoranza e del peccato.