sabato 4 novembre 2017

La maschera del potere

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 23, 1-12) - XXXI domenica del tempo ordinario
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».

COMMENTO
La categoria professionale degli scribi, gli scribi erano gli esperti della legge mosaica, è da tempo estinta ma ne permangono le malattie professionali. Lo stesso si potrebbe dire per i farisei. Il servizio o il ruolo conferito da un incarico di tipo religioso o ecclesiastico, sebbene viviamo in un mondo secolarizzato, può diventare occasione di inciampo, per sé e quindi per gli altri.

Gesù infatti continuerà questa rimprovero indiretto con una serie di invettive, questa volta rivolte in prima persona a scribi e farisei, la prima delle quali è appunto: “Guai a voi scribi e farisei ipocriti, che chiudete il Regno dei Cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare” (Mt 23,13).

Si deve costatare che l’autorità in ambito religioso si presta facilmente a possibili abusi, perché appoggiandosi sull’elemento “sacro” può essere usata per far violenza sulla buona fede delle coscienze, in modo molto sottile e nascosto. Nella Chiesa di oggi quanti pastori, ma anche educatori, o capi di associazioni cattoliche, si tengono ben stretti i privilegi che derivano loro dal ruolo ma non fanno secondo quanto insegna quella Chiesa di cui dovrebbero essere invece guide credibili e coerenti. Non si tratta semplicemente dell’assegno di sostentamento che i sacerdoti percepiscono, ma i piccoli vantaggi sono più banalmente anche la gratificazione, per certi laici, di essere responsabili di un piccolo ambito associativo. Il ruolo diventa così la coperta per mascherare voragini di frustrazioni della passata vita personale. Anzi, addirittura l’istituzione Chiesa può diventare nemica perché non ci permette di assumere incarichi di rilievo per alcune scelte di vita che di fatto sono pubbliche contro-testimonianze del suo messaggio. Piace ancora oggi a molti essere chiamato “capo” o “presidente” … e quant’altro!

Personalmente penso spesso a quella frase di San Pio da Pietrelcina rivolta a noi sacerdoti: “Povero Gesù quando viene consacrato nelle mani di certi sacerdoti! Ma poveri, certi sacerdoti, quando un giorno si troveranno nelle mani di Gesù!”

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