sabato 30 dicembre 2017

Sulla scia di Betlemme

di fra Damiano Angelucci


Dal Vangelo secondo Luca (2,22.39-40)
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

COMMENTO
Domenica dopo Natale, Domenica della Santa Famiglia di Nazareth. Ambiente quotidiano della crescita e maturazione di Gesù Signore è una comunione umana di un uomo, Giuseppe, e la sua sposa, Maria. “Il bambino cresceva e si fortificava”. In queste poche parole sembra esserci tutto il mistero della vera umanità di quel Dio che accetta di farsi piccolo, di farsi bambino e di percorrere l’itinerario dello sviluppo umano, psicologico e spirituale di ogni persona. Resta difficile comprendere pienamente come la natura divina di Cristo si sia adattata al processo evolutivo di un uomo, e tuttavia in quelle poche parole ci sono trenta anni di vita familiare ordinaria, scandita dai tempi del lavoro e del riposo, delle gioie e delle fatiche, del dialogo e della preghiera. Quella famiglia di Nazareth, nelle sue modalità pratiche, forse è meno lontana da come noi ce la immaginiamo, ma così tanto diversa rispetto alle ristrettezze dei nostri cuori che spesso, nei legami più intimi, non sanno dare calore e tenerezza.

sabato 23 dicembre 2017

Quanto supera la natura viene dall'Autore della natura

di fra Damiano Angelucci


Dal Vangelo secondo Luca (1,26-38) - IV Domenica di Avvento
In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

COMMENTO
La frase è di Sant’Ambrogio, Vescovo di Milano dei primi secoli della cristianità: “Quanto supera la natura, viene dall’Autore della natura”. L’evento dell’incarnazione esige la semplicità del cuore, di un cuore come quello della Vergine Maria che ha creduto possibile ciò che per lei era inarrivabile, impensabile, al di sopra della sua e di ogni capacità umana di generare. Sono le parole dell’angelo “nulla è impossibile a Dio” ad aprire nel suo cuore la strada dell’accoglienza del Mistero, di un evento divino che cerca strada nella storia umana: nella storia umana di Maria, in quella di chi vi sta parlando e anche nella storia di voi che state leggendo, forse distrattamente. Si, il Signore sceglie di passare e dimorare nelle nostre frequenze umane, così frenetiche, così disturbate da mille interferenze, così provvisorie perché sempre inclini allo “zapping” delle relazioni, degli affetti, delle mode.

sabato 16 dicembre 2017

Battista battistrada

di fra Damiano Angelucci


Dal Vangelo secondo Giovanni (1,6-8.19-28) - III Domenica di Avvento
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

COMMENTO
Nelle biografie di San Francesco si narra che un giorno questo pregasse dicendo così: “Mio Dio, chi sei tu, e chi sono io?” Anzitutto la comprensione del volto di Dio e poi la comprensione del proprio sé, della propria identità. Giovanni Battista, che viene presentato nel prologo scritto dall’evangelista suo omonimo come il testimone della luce, coglie i contorni essenziali dell’identità di colui che sarebbe venuto dopo di lui ma che era prima di lui, e al quale non era neppure degno di slegare il legaccio del sandalo. Infatti Gesù si affermerà come solo Signore della storia dell’umanità sua sposa: una storia macchiata dal male, sprofondata nelle tenebre del peccato, e smarrita per strade contorte e divergenti rispetto al destino di gloria promessa.

sabato 9 dicembre 2017

La segnaletica della salvezza

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Marco (1,1-8) - II Domenica di Avvento
“Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. Come sta scritto nel profeta Isaìa: «Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri», vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

COMMENTO
San Marco è il più sintetico di tutti e quattro gli evangelisti e siccome non spreca parole, cerca di dire tutto già nella prima riga del suo racconto: “Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.” In questo modo ci ha già detto che Gesù è “Vangelo” ovvero “buona notizia”. Forse ci siamo troppo abituati a questa parola che non la colleghiamo più alla sua storicità: Gesù di Nazareth è una “bella notizia”, perché in Lui e grazie a Lui è stata annunciata a tutti i popoli di tutta la terra il perdono dei peccati e la vita eterna. Vi sembra poca cosa!?

sabato 2 dicembre 2017

Chi gioca in porta, chi gioca in attacco

di fra Damiano Angelucci


Dal Vangelo secondo Marco (13,33-37) - I Domenica di Avvento
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!»

COMMENTO
Una di quelle parole fatta su misura per i cristiani di oggi, non peggio di quelli di ieri, e neppure peggio di quelli dell’altro ieri, ma sicuramente alquanto assopiti. Dentro la categoria dei discepoli addormentati ci siamo dentro tutti: noi parroci, ma anche voi laici, nei non meno importanti ruoli educativi in famiglia o in associazioni cattoliche, o presunte tali. La vigilanza è la virtù del discernimento, che distingue nelle cose pratiche ciò che è bene da ciò che bene non è. Quanto spesso si sente dire: “Ma cosa c’è di male in questa cosa?” Invece dovremmo porre un’altra domanda: “Ma cosa c’è di bene in questa scelta, in questo progetto, in questa idea?”