sabato 29 dicembre 2018

Sottomesso a Dio e agli uomini

di fra Damiano Angelucci




Dal Vangelo secondo Luca (2,41-52)
I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

COMMENTO
Nel brano di quest’oggi è evidente il connubio tra due parole: Gesù e Gerusalemme; è una profezia sul destino di questo fanciullo, qui appena dodicenne, che nella città santa di Davide dovrà portare a termine la sua missione di salvezza. L’incomprensione degli uomini che lo porterà alla morte di croce viene in qualche modo pre-annunziata dallo stupore dei maestri del tempio e dallo stupore dei suoi stessi familiari che lo ritrovano dopo tre giorni di cammino a ritroso, alla sua ricerca. Proprio in Gerusalemme Gesù si consegnerà nelle mani del Padre, e il sigillo del compimento della sua missione saranno proprio le sue stesse ultime parole: “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito”.

sabato 22 dicembre 2018

Maternità del cuore

di fra Damiano Angelucci





Dal Vangelo secondo Luca – IV Domenica di Avvento
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

COMMENTO
Grande il merito della Vergine Maria per aver dato carne al Figlio di Dio, ancor più grande il suo merito per aver creduto alla sua Parola. Questo è quello che dice anche  Gesù nel vangelo quando all’esclamazione di stupore di una donna di mezzo la folla “«Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!». Egli stesso rispose: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!». (Lc 11,27-28)

sabato 8 dicembre 2018

Le solite buche da tappare

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Luca (3,1-6) – II domenica di Avvento
Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa:
«Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sarà riempito,
ogni monte e ogni colle sarà abbassato;
le vie tortuose diverranno diritte
e quelle impervie, spianate.
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!»


COMMENTO
In quel lontano anno così dettagliatamente indicato dall’evangelista Luca la parola di Dio venne su un uomo che, buon per lui e per noi, non era sordo. Giovanni, figlio di Zaccaria, “visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele” (Lc 1,80) e in quello spazio libero dai frastuoni e dalle luci del mondo la parola di Dio trovò accoglienza nella sua vita.

sabato 1 dicembre 2018

Una salvezza “nuvolosa”

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Luca (21,25-28.34-36) – I Domenica di Avvento
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina. State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».

COMMENTO
Per gli ebrei la salvezza passò dal mare, tramite il mar Rosso per la precisione; per i discepoli del Messia Cristo Gesù la salvezza passerà tramite il cielo, perché è scritto che sulle nubi verrà il Figlio dell’uomo, personaggio annunciato dal profeta Daniele per la venuta definitiva del Regno di Dio, di cui abbiamo parlato proprio domenica scorsa. Quel figlio dell’uomo è però il Dio fatto uomo, è proprio il figlio di Dio che si è reso figlio di un uomo per riportare tutti i figli di questa umanità nella figliolanza divina.

martedì 27 novembre 2018

RITIRO DI NATALE - Le sfide della fede per i giovani del nostro tempo

«I sogni grandi sono quelli capaci di seminare pace, fraternità, gioia: ecco questi sono sogni grandi perché pensano a tutti con il noi» (papa Francesco).


Il mio prof di matematica delle medie ci diceva sempre che nell'affrontare i problemi numerici occorre applicare l’XI comandamento: “semplificare!”. Mi è sempre servito questo consiglio, ben oltre l'ambito scolastico. Parlare oggi delle sfide della fede per i giovani non significa descrivere problemi che ci troviamo ad affrontare soltanto in questa parte di vita, che resta comunque un passaggio, una Pasqua. Ci sono due tipi di sfide: quelle che richiedono di alzare le nostre difese, con il rischio di inchiodarci in guerre di posizione. E poi ci sono le sfide belle, quelle che ci coinvolgono nella vita in modo inedito e ci chiedono di immaginare la nuova vita proposta dal Vangelo. Il mistero dell’Incarnazione e della Resurrezione ci appassioneranno ancora. E siccome non si fa mai da soli, ci lasceremo aiutare da due donne che incontreremo in questi giorni: Annalena Tonelli ed Etty Hillesum. Quest’ultima ci richiama alla vita «che è bellissima, degna di essere vissuta e ricca di significato. Malgrado tutto». Appunto: semplificare!
(Don Francesco Ondedei) 
Responsabile della pastorale universitaria 
e missionaria di Bologna)


Se vuoi maggiori informazioni o vuoi segnare la tua partecipazione al Ritiro contattaci ai seguenti recapiti:

TEL. 0733 892408
CELL: 3343845138
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sabato 24 novembre 2018

Un amore che vince

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Giovanni (18,33-37) – Solennità di Cristo Re dell’universo
In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

COMMENTO
Gesù ha appena concluso la più lunga e più importante preghiera che i 4 vangeli ci riportano (cfr Giovanni 17) nella quale prega il Padre perché gli uomini siano salvi dallo spirito del mondo e possano contemplare la sua Gloria infinita. Ora Gesù si trova proprio dinanzi a un re di questo mondo, Pilato. Gesù però non si mette in competizione ma indica un Regno diverso, che appunto non è di questo mondo ma che tuttavia non ne è estraneo.

sabato 17 novembre 2018

Chi guida la nave?

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Marco (13,24-32) – XXXIII domenica del tempo ordinario
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo. Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».

COMMENTO
Scriveva un filosofo dell’800: «La nave è in mano al cuoco di bordo. E ciò che trasmette il megafono del comandante non è più la rotta ma ciò che mangeremo domani». Chissà cosa direbbe oggi questo pensatore! Senza andare tanto lontano ma fermandoci ad ascoltare i nostri vicini, parenti e amici, capiamo che non interessa andare a fondo nella comprensione di ciò che stiamo vivendo, della direzione che stiamo dando alla nostra vita, alla nostra società, e soprattutto della direzione che altri stanno dando al nostro tempo.

Proprio perché siamo interessati soprattutto a quello che si mangerà, non siamo attenti ai segni dei tempi, a quella pianta di fico il cui ramo tenero annuncia imminente l’estate. Ci è risparmiato indovinare quale sarà il giorno ultimo del giudizio finale in cui Cristo tornerà a giudicare i vivi e i morti, tanto più che neppure Gesù ha detto di conoscerlo; ma quanto meno in tanti eventi e situazioni riceviamo segni ben più eloquenti di un ramo di fico che preannuncia cambio di stagione; dovremmo avvertire la temporaneità e l’instabilità delle tradizionali certezze. Il grande gestore di fondi di investimento Soros diceva che per l’uomo ci sono solo due investimenti sicuri: il mattone e i figli, intendendo per mattone gli investimenti immobiliari. Ora neanche più la case sono sicure e provocano più tasse che profitti e neanche sui figli si investe. Su cosa stiamo investendo? In quale direzione conviene orientare la navigazione?

Siamo sempre molto connessi, molto informati su tutto, ma pochissimi e pochissimo si occupano di cogliere il senso degli eventi, e in quale direzione sta girando il vento. Papa Francesco ci ha detto che viviamo non un’epoca di cambiamenti ma un cambiamento di epoca. Quale epoca ci lasciamo alle spalle, e verso quale epoca ci stiamo incamminando?

Ulisse era un navigatore che viaggiava su e giù per i mari ma aveva un’isola, Itaca, da cui era partito e alla quale voleva ritornare. Qual è la nostra origine, e dove vogliamo approdare. Gesù figlio di Dio ci rivela una paternità e a quella paternità ci vuole orientare perché in quel cuore troveremo finalmente pace, conforto e consolazione. Non sarà forse il caso di spegnere i megafoni di bordo e in un sobrio digiuno dal superfluo del mondo ritrovare la voce di quel Padre dei cieli che ci dice: “io sono con voi, tutti i giorni, fino alla fine del mondo!”. (Mt 28,20)

sabato 10 novembre 2018

La vedova anti-borghese

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Marco (12,41-44)
In quel tempo, Gesù, seduto di fronte al tesoro [nel tempio], osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.  Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

COMMENTO
Soren Kierkegaard definiva borghese colui per il quale “il troppo e il troppo poco rovinano tutto”. Nell’accezione deteriore che ormai ha assunto, l’atteggiamento borghese è quello di chi non dice di “no” a niente ma neppure si coinvolge in niente, in una sorta di equilibrio che non è frutto di sapienza, ma del desiderio di non rischiare in nulla e in nessun modo.

sabato 3 novembre 2018

Amar come Gesù amò

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Marco (12,28-34)
In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

COMMENTO
“Amor, ch'a nullo amato amar perdona” (Divina Commedia, Inferno, V,103) diceva Dante Alighieri nella sua Divina Commedia tramite uno dei suoi più noti personaggi. L’amore non accetta di non essere ricambiato, l’amore spinge quasi inevitabilmente la persona oggetto di questo sentimento a ricambiarlo a sua volta.

sabato 27 ottobre 2018

Credere per vedere

di fra Damiano Angelucci




Dal Vangelo secondo Marco (10,46-52) – XXX domenica del tempo ordinario
In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

COMMENTO
Ormai abbiamo capito che i miracoli di Gesù, specialmente le guarigioni, hanno sempre un significato fortemente simbolico, oltre l’indubbio beneficio per chi lo riceve. La cecità è una disabilità altamente invalidante ma c’è una cecità ancor peggiore sulla quale il Vangelo ci vuole far riflettere: la cecità del cuore!

venerdì 19 ottobre 2018

L'amore perfetto

di fra Damiano Angelucci




Dal Vangelo secondo Marco (10,35-45) – XXIX domenica del tempo ordinario
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti»

COMMENTO
Giacomo e Giovanni rappresentano bene la difficoltà penosa dei discepoli a comprendere i caratteri della missione del maestro Gesù di Nazaret. Nonostante che questi per la terza volta avesse loro spiegato il suo destino di sofferenza, Giacomo e Giovanni chiedono un posto alla destra e alla sinistra nella sua gloria e si mettono piuttosto nella scia di Pietro che aveva proclamato di fronte al primo annuncio della passione e morte di Gesù: “questo non ti accadrà mai”.

domenica 14 ottobre 2018

Inseguire la vera bontà

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Marco (10,17-30) – XXVIII domenica del tempo ordinario
In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio». Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».

COMMENTO
Cambiando l’ordine delle parole potremmo dire anche che tutto è possibile alla bontà di Dio. Il regno di Dio che l’uomo da solo non può raggiungere, la capacità cioè di far regnare nella propria vita la vera ricchezza dell’amore di Dio, diviene possibile per la benevolenza gratuita di Dio manifestata in Gesù di Nazaret.

sabato 6 ottobre 2018

Ad immagine di Dio

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Marco (10,2-16) – XXVII domenica del tempo ordinario                 
In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio». Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.

COMMENTO
Quando ci chiediamo perché per un cristiano il matrimonio sia un Sacramento, un segno sacro, un segno della Grazia di Dio, ecco che questo brano ci offre una buona risposta. Certo occorrerebbe riferirsi anche a quel primo segno raccontato dall’evangelista Giovanni che Gesù compie a Cana, proprio durante una festa di nozze; e poi la descrizione del matrimonio come di un segno grande in riferimento al rapporto Cristo- Chiesa proposta da San Paolo.

Cosa dice in realtà Gesù in questa risposta ai farisei? In realtà non inventa nulla, ma ribadisce il principio, l’inizio della creazione (la Genesi appunto), il disegno originario di Dio di fare dell’uomo e della donna una coppia emblematica, intensamente simbolica di cosa sia la comunione divina, prima che il peccato rovinasse tale progetto e “obbligasse” Mosé a mettere qualche toppa.

Infatti non solo l’uomo è stato creato maschio e femmina da Dio ma ad un certo punto della sua vita, l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. La comunione dell’uomo e della donna è un fatto di libertà, di risposta ad una chiamata che è già scritta nella loro carne, nella loro umanità sessualmente caratterizzata. L’unione dei due non è qualcosa di automatico e predeterminato ma il frutto di un cammino. Ci sarebbe da domandarsi perché non siamo stati creati già uniti fin dall’inizio, visto che la coppia nasce secondo la Genesi da una sorta di sdoppiamento dell’uno da una costola dell’altro. Perché sdoppiare l’uomo e poi chiedergli di tornare ad essere una carne sola?

Perché la comunione vera è questione di libertà, di libera adesione ad un sogno di amore, eternamente vissuto da Dio nel suo essere tri-unitario, e condiviso a noi suoi figli che proprio nell’essere creati a sua immagine, siamo invitati a imitare liberamente la scintilla e l’ebbrezza dell’amore divino, eternamente libero.

Davvero l’unione uomo-donna, l’unità dei due in una sola carne è Mistero grande, come dice San Paolo in Efesini 5; grande perché rende visibile come nessuna altra cosa al mondo l’intensità e l’energia di cosa sia l’Amore comunionale che è Dio, Padre- Figlio e Spirito Santo.

domenica 30 settembre 2018

Angeli o demoni?

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Marco (9,38-43.45.47-48) – XXVI domenica del tempo ordinario
In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi. Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa. Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».

COMMENTO
Gesù tocca due questioni importanti, quasi speculari. La prima, quella della liceità del ricorso al suo nome, quindi alla sua autorità da parte di chi, apparentemente, non è del gruppo di quelli che lo seguivano. Capiamo dalla risposta di Gesù che la sequela, la vicinanza al Signore, non è esclusivamente un fatto fisico, ma anzitutto una scelta di collocazione della propria esistenza. Se qualcuno si affida e invoca il nome di Dio e scaccia demoni, come potrà essere un nemico! Perché, oltre all’ispirazione divina e a quella del male, non ci sono altri fonti. Dunque anche ai nostri giorni chi lotta per il bene secondo lo spirito delle beatitudini, così come Gesù lo annuncia e lo incarna, è sicuramente qualcuno che lo segue, magari non necessariamente nelle vie istituzionali della Chiesa visibile.

sabato 22 settembre 2018

Il fascino del potere spirituale

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Marco (9, 30-37) – XXV domenica del tempo ordinario
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

COMMENTO
Se solo alcune di queste parole di Gesù fossero state prese sempre sul serio nel corso di questi due mila anni di cristianesimo, ci saremmo risparmiate tante delusioni! Mentre i discepoli del Maestro discutono su chi fosse il più grande, Gesù afferma: “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”.

domenica 9 settembre 2018

La riapertura della via del cielo

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Marco (7,31-35) – XXIII domenica del tempo ordinario
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

COMMENTO
Eravamo tutti molto piccoli, ma chi scrive e molti di voi che siete in ascolto, nel giorno del Battesimo, abbiamo ricevuto la stessa esortazione fatta da Gesù in aramaico all’anonimo sordomuto di cui abbiamo appena sentito nel Vangelo. Alla fine del rito del Battesimo, infatti, il sacerdote (o il diacono) si accosta al bambino e facendo un segno di croce sulle labbra e sugli orecchi dice:
 Il Signore Gesù, che fece udire i sordi e parlare i muti,
ti conceda di ascoltare presto la sua parola,
e di professare la tua fede,
a lode e gloria di Dio Padre.

sabato 4 agosto 2018

Dalle opere alla contemplazione

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Giovanni (6,24-35) – XVIII domenica del Tempo Ordinario
In quel tempo, quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato». Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».

COMMENTO
Potrà mai essere riproducibile un gesto così strepitoso come quello compiuto da Gesù? Riuscire a sfamare una folla con cinque pani d’orzo! La folla intuisce che in Gesù operava la forza di Dio e si domanda come, e cosa dover realizzare per fare simili opere di Dio, e magari, perché no, farne anche di più grandi: “credere in colui che Dio ha mandato!”. Ecco l’opera. Quindi apparentemente un non fare, un’opera che non consiste in un fare ma in un atto anzitutto del cuore. Questo ci chiede il Signore Gesù, il figlio dell’uomo: credere che Dio abbia scelto di affidare la sua opera di traghettamento di questo mondo verso la vita eterna a un uomo fatto di carne come noi, un uomo che è il volto umano dell’amore misericordioso di Dio, e che ci nutre del cibo della sua misericordia, altrettanto necessario quanto quello materiale, e forse anche di più.

sabato 14 luglio 2018

Abbandonati alla potenza del Signore

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Matteo (6,7-13) – XV Domenica del tempo ordinario
In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».
Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.

COMMENTO
Sarà sufficiente ai dodici discepoli di Cristo costituiti come apostoli, cioè inviati, appoggiarsi alla Parola del loro Maestro, alla sua autorevolezza e divina potenza: andare a due a due permetterà loro in tutti e tempi e luoghi del mondo di custodire il dono della comunione, quella Comunione di cui Dio stesso è la sorgente e la sostanza, e sconfiggere così il male della divisione, prima e più grave opera dello spirito impuro, il Maligno.

sabato 9 giugno 2018

Corrotti dentro

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Marco (3, (20-25) - X Domenica del Tempo Ordinario

In quel tempo, Gesù entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: «È fuori di sé». Gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni». Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro: «Come può Satana scacciare Satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito. Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa. In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna». Poiché dicevano: «È posseduto da uno spirito impuro». Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo. Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano». Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre».

COMMENTO
Recentemente Papa Francesco ha parlato del dramma della corruzione. Con questa parola egli intende ben di più della corruzione come la intendiamo normalmente, come un concedere privilegi agli uni a scapito di altri per ottenere benefici. Qui si tratta della corruzione del cuore, della durezza del cuore, della “sclerocardia” come diceva San Paolo. La bestemmia contro lo Spirito Santo a cui allude Gesù in questo passaggio assomiglia proprio a questo: la durezza del cuore, l’insensibilità a guardare con coscienza onesta e aperta quello che avviene davanti i nostri occhi.

sabato 26 maggio 2018

La promessa più bella

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 28,16-20) - Domenica dopo Pentecoste
In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

COMMENTO
Anni or sono sentii dire che un Vescovo del nord Italia, dopo un periodo di ricovero in ospedale, incontrando i sacerdoti della sua Diocesi, li esortò ad andare a trovare spesso i rispettivi parrocchiani ammalati e aggiunse anche il consiglio di restare accanto a loro mantenendo il più possibile il silenzio; quasi per evitare di fare il contrario di ciò che fece Gesù: Gesù fece il discorso della montagna e noi sacerdoti invece spesso facciamo una montagna di discorsi.

domenica 13 maggio 2018

Nel cielo di ogni luogo


di fra Damiano Angelucci


Dal Vangelo secondo Marco (Mc 16,15-20)
In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

COMMENTO
Jurij Alekseevič Gagarin fu il primo uomo a navigare nello spazio per più di un’ora in quel famoso 12 aprile 1961 che segnò un importantissimo passo nella cosiddetta “conquista” dello spazio. Al suo ritorno sulla terra dichiarò però di non aver visto, lassù al di sopra dei cieli, nessun Dio. L’affermazione è interessante! Forse che Gagarin aveva letto questo brano di Vangelo e si aspettava di incontrare il Signore Gesù seduto alla destra di Dio? Sta di fatto comunque che la sua costatazione non turba la nostra fede, in nessun modo, perché noi sappiamo che i Cieli nei quali Gesù risorto è asceso non sono i milioni di Km di spazio intorno al nostro pianeta, ma la sua esistenza in spirito. Ci conforta in ogni caso che non abbia visto nemmeno delle sedie vuote!

sabato 5 maggio 2018

L'Amore basta

di fra Damiano Angelucci




Dal Vangelo secondo Giovanni (15,9-17) – VI Domenica di Pasqua
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

COMMENTO
Nel Signore Gesù risorto e vivo noi reimpariamo una vita bella e ricca di armonia con i fratelli e nel creato. Nell’immagine della vite e dei tralci con un Padre vignaiolo che ci purifica, l’energia necessaria per portare frutti belli e buoni la riceviamo dal corpo stesso e non da agenti esterni, dal Signore stesso che manda in circolo il suo Santo Spirito che è Amore.

domenica 29 aprile 2018

O si pota o si muore

di fra Damiano Angelucci




Dal Vangelo secondo Giovanni (15,1-8) – V domenica di Pasqua
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

COMMENTO
Una buona sintesi del Vangelo di questa Domenica potrebbe essere un’altra affermazione di Gesù. “Chi vorrà salvare la propria vita la perderà, chi la perderà per me, la salverà” (Lc 9,24). Nella metafora della vite, dei tralci e del vignaiolo non ci sono terze possibilità tra la decisione di essere tralcio secco che non porta frutto, e quindi essere gettato via, e la decisione di essere tralcio vivo che porta frutto e che viene potato perché porti più frutto.

sabato 21 aprile 2018

Per libero dono

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Giovanni (10,11-18) – IV domenica di Pasqua
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

COMMENTO
La mia riflessione parte da un ricordo dei miei 4 anni vissuti in terra di missione - Benin (Africa dell’ovest) - in un ambiente religioso molto variegato e dove è molto radicata il senso e la necessita del sacrificio, in modo trasversale alle varie appartenenze religiose. Una volta mi fu posta una domanda sul significato della morte in croce di Gesù di Nazaret. La domanda era: in fondo, se il Dio adorato dai cristiani è un Dio che permette una morte così atroce per il suo Figlio diletto, come si potrà parlare di un Dio di amore? Se questo Padre che abbiamo nei cieli ha bisogno della morte cruenta del suo figlio Gesù per darci il suo perdono, come si potrà parlare veramente di un Padre misericordioso?

domenica 8 aprile 2018

Tendere le mani al dolore

di fra Damiano Angelucci



Dal Vangelo secondo Giovanni (20,19-31) – II Domenica di Pasqua
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

COMMENTO
“La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono.” (Eb. 11,1). Questo brano di Vangelo ci aiuta ad immedesimarci con Tommaso detto Didimo, cioè gemello. Il suo bisogno di segni tangibili, veramente, ce lo fa sentire nostro fratello gemello. Anche noi ascoltiamo questo brano otto giorni dopo la Pasqua come lui, Tommaso, otto giorni dopo la risurrezione ebbe la possibilità di incontrare il risorto.

sabato 24 marzo 2018

La profezia del somaro

di fra Damiano Angelucci


Dal Vangelo secondo Marco (Mc 11,1-10) - Domenica delle Palme

Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”». Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare. Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!
Osanna nel più alto dei cieli!».

COMMENTO
Non è la prima volta nella Bibbia che il Signore si serve di un asino per presentarsi agli uomini. Al capitolo 22 del libro dei Numeri proprio un asino riconosce la presenza di un angelo messaggero di Dio ben prima del suo padrone Balaam e così facendo gli salva la vita.